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La fanciulla e il cavaliere
Dettagli
CON UN RICCO IMPIANTO ICONOGRAFICO ANCHE A COLORI
La stessa autrice ci racconta il percorso del nascere del libro nella sua apertura: l’incontro, nella lettura di saggi storici riguardanti in particolare i luoghi del suo quotidiano impegno al castello di Montefiore Conca, con due figure dai profili sfuggenti, quasi evanescenti, precisamente la giovane Costanza Malatesta e Ormanno. Della loro vita, di quel che furono e di come vissero e morirono, il libri non rendono che frammenti, «tracce leggere come le impronte sulla sabbia che per l’effetto del vento si consumano fino a dissolversi» annota Nadia Fabbri: vite che paiono non essere state, senza memoria, e però suggestive e intriganti, al punto da destare una vivissima curiosità nella scrittrice.
«Ho sentito per questo molto forte il desiderio di andare alla ricerca di qualcosa di più concreto, ma le fonti storiche sembra si siano dimenticate di loro, tanto da farli diventare “spettri d’archivio”. Così mi sono lasciata trasportare da qualcosa di molto delicato, di impalpabile come un soffio di vento e, rimanendo in quelle stanze ho cercato di ascoltare, di catturare sensazioni che quei muri volevano in qualche modo sussurrarmi, e per questo io credo che si possano ancora cogliere tracce che vanno timidamente riaffiorando».
La stessa autrice ci racconta il percorso del nascere del libro nella sua apertura: l’incontro, nella lettura di saggi storici riguardanti in particolare i luoghi del suo quotidiano impegno al castello di Montefiore Conca, con due figure dai profili sfuggenti, quasi evanescenti, precisamente la giovane Costanza Malatesta e Ormanno. Della loro vita, di quel che furono e di come vissero e morirono, il libri non rendono che frammenti, «tracce leggere come le impronte sulla sabbia che per l’effetto del vento si consumano fino a dissolversi» annota Nadia Fabbri: vite che paiono non essere state, senza memoria, e però suggestive e intriganti, al punto da destare una vivissima curiosità nella scrittrice.
«Ho sentito per questo molto forte il desiderio di andare alla ricerca di qualcosa di più concreto, ma le fonti storiche sembra si siano dimenticate di loro, tanto da farli diventare “spettri d’archivio”. Così mi sono lasciata trasportare da qualcosa di molto delicato, di impalpabile come un soffio di vento e, rimanendo in quelle stanze ho cercato di ascoltare, di catturare sensazioni che quei muri volevano in qualche modo sussurrarmi, e per questo io credo che si possano ancora cogliere tracce che vanno timidamente riaffiorando».
