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IL MAZAPÉGUL. Il tutore della tradizione romagnola
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In apertura del libro, Renato Cortesi scrive: «… la conoscenza della figura del mazapégul non ha mai avuto una diffusione più ampia di quella di un simbolo riconosciuto da una minima parte della popolazione romagnola, né ha goduto di una conoscenza particolare nemmeno in quelle stesse persone che oggi affermano di riconoscersi e di amare la cultura romagnola.
Al di là di una ristretta cerchia di ricercatori e di appassionati della cultura di questa regione sono poche le persone che ancora lo ricordano; se poi si estende questa ricerca in base a criteri anagrafi ci, la situazione è ancor più sconsolante: gli unici a conoscerlo, in quella fascia della popolazione che sta sotto i cinquant’anni, sono i pochissimi scolari delle scuole primarie che hanno avuto insegnanti appassionati di queste tematiche e che hanno inserito la lettura di fi abe regionali e dialettali nei programmi scolastici di propria iniziativa, o di qualche giovane, un po’ più in là con l’età, che è stato coinvolto in questi stessi interessi dall’attività di qualche associazione culturale che si è battuta per mantenere vivo il suo ricordo come uno dei simboli più signifi cativi della cultura romagnola».
In questa consapevolezza, l’autore ci propone un saggio di coinvolgente bellezza per la vastità dell’analisi e il fascino dei temi evocati: un trattato destinato a durare negli anni per la completezza delle informazioni, la chiarezza del loro organizzarsi, la passione che il saggista ha calato nelle sue pagine.
Al di là di una ristretta cerchia di ricercatori e di appassionati della cultura di questa regione sono poche le persone che ancora lo ricordano; se poi si estende questa ricerca in base a criteri anagrafi ci, la situazione è ancor più sconsolante: gli unici a conoscerlo, in quella fascia della popolazione che sta sotto i cinquant’anni, sono i pochissimi scolari delle scuole primarie che hanno avuto insegnanti appassionati di queste tematiche e che hanno inserito la lettura di fi abe regionali e dialettali nei programmi scolastici di propria iniziativa, o di qualche giovane, un po’ più in là con l’età, che è stato coinvolto in questi stessi interessi dall’attività di qualche associazione culturale che si è battuta per mantenere vivo il suo ricordo come uno dei simboli più signifi cativi della cultura romagnola».
In questa consapevolezza, l’autore ci propone un saggio di coinvolgente bellezza per la vastità dell’analisi e il fascino dei temi evocati: un trattato destinato a durare negli anni per la completezza delle informazioni, la chiarezza del loro organizzarsi, la passione che il saggista ha calato nelle sue pagine.
